martedì 1 dicembre 2015

Avvent..atevi su quella pentola a pressione che prende polvere all'interno del ripostiglio!

Eh sì, oggi è il primo dicembre! E' iniziato il periodo di Avvento, ed essendo sempre più vicini i bagordi natalizi, mi sembra carino rendermi utile e cercare di avvicinare i diffidenti a questo oggetto bistrattato da tanti che è la pentola a pressione e che potrebbe rivelarsi davvero un'ottima alleata per le prossime preparazioni festive. Era un discorso che in realtà ricordo di aver già intrapreso in questa sede qualche tempo fa, poi di riffa e di raffa lo avevo abbandonato lì. Dopo aver sentito le ennesime due amiche che non la utilizzano perché hanno paura che esploda, sento però bisogno di iniziare una personale battaglia a favore di questa mitica pentola, compagna fidata della mia vita fin da quando ero piccola (non chiaramente perché la utilizzassi io eh, ma perché ne faceva largo uso la mia mamma e, ho poi scoperto, anche mia suocera).

Sfaterei intanto un primo mito: a meno che non si usino comportamenti scorretti, tipo riempirla oltre il limite segnalato all'interno, o non utilizzare liquidi, o dimenticarsi di chiudere la valvola, infine scegliere alimenti inappropriati o utilizzarne una vecchia e priva di manutenzione, la pentola a pressione NON può esplodere!!! Se utilizzata nel modo giusto, sarà un grande aiuto, non solo per sveltire i tempi di cottura, ma anche per migliorare la cottura stessa degli alimenti, in particolare delle carni che risultano decisamente più tenere che non cotte in un tegame tradizionale.

Con la pentola a pressione si possono preparare un'infinità di ricette di cui è pieno il mondo del web e sulle quali non mi sto a soffermare, tuttavia ci sono dei piatti che io proprio non preparo mai senza la mia pentoluccia e su questi posso essere particolarmente d'aiuto: se volete darmi retta e tirare finalmente fuori dal ripostiglio la reietta e darle una chance, vi spiego volentieri qualche trucco. Intanto però cominciate a farci amicizia: ora che l'avete presa e ripulita dopo il lungo letargo, osservate bene il coperchio: se avete un modello tradizionale, troverete ai lati del manico due diverse valvole. Una, che si può alzare e abbassare, è lo sfiatatoio; l'altra è invece quella valvola di sicurezza che garantisce che voi possiate usarla senza rischiare la pelle vostra e della cucina. Una volta conosciuto il coperchio il grosso è fatto, non vi resta che fare un bel respiro e provare a cucinare.

Vogliamo iniziare da un piatto semplicissimo, ma che vi sorprenderà? il risotto! Anche di questo avevo già parlato, ma senza tornare su ricette già un minimo elaborate, partiamo da un riso veramente basic: per prima cosa preparate un classico misto da soffritto con cipolla, carota e sedano e mettetelo nella pentola con un bel filo d'olio; quando vedete che le verdure imbiondiscono mettete a tostare il riso (calcolate 2 pugni a persona più un pugno "per la pentola") mescolandolo bene. Dopo qualche istante bagnatelo con un po' di vino bianco e lasciatelo evaporare, sempre mescolando. A questo punto dovete semplicemente coprire con il brodo il riso (o se preferite con acqua aggiungendo un dado), in modo che ce ne sia un dito al di sopra, non di più, e chiudere la pentola. Una volta chiusa controllate che lo sfiatatoio sia abbassato e la fiamma alta: dopo pochi minuti sentirete un forte sibilo e vedrete uscire vapore dallo sfiatatoio...non spaventatevi!!! è del tutto normale ed è il segnale che dovete abbassare al minimo la fiamma e azionare il timer a 9 minuti. Quando il timer suona il vostro risotto è pronto, senza aver girato in continuazione e senza aver aspettato circa 20 minuti. Dovete solo tirare su la valvola e fare uscire tutto il vapore residuo: questa operazione è FONDAMENTALE, ma grazie alla presenza della valvola di sicurezza, che non si abbassa prima che il vapore sia completamente uscito impedendo così l'apertura del coperchio, non c'è possibilità di dimenticarsene! Una volta aperta la pentola vi sembrerà che il riso sia brodoso, ma basterà mescolarlo perché diventi subito della giusta consistenza. A questo punto potete aggiungere un bel pezzo di burro e, a piacere, del formaggio che si sciolga (gorgonzola, ad esempio...oppure semplicemente delle sottilette): un'ultima mescolata e potete servire! 

Un altra cosa per cui la pentola a pressione si rivela fondamentale è la cottura della carne, che risulta molto più tenera e saporita e necessita di minor tempo di cottura. Se preparate degli involtini o magari le fettine alla pizzaiola, o un bell'arrosto, ricordatevi di irrorare la preparazione con un bicchiere scarso di liquido, altrimenti risulterà troppo brodosa dato che la carne in cottura perde i suoi liquidi. Il buono della cottura in pentola a pressione è che però non perde le sostanze nutritive! E qui mi aggancio alla cottura delle verdure, che, con l'apposito cestello opzionale che si trova anche nei supermercati, vengono cotte a vapore e mantengono vitamine, sali minerali e quel bel colore brillante che le contraddistingue. A differenza però della tradizionale vaporiera o del forno a microonde, i tempi sono davvero ridotti: un bel broccolo romanesco si cuoce bene in 6 minuti, gli spinaci in 3, i fagiolini in 4, tanto per fare qualche esempio. E che dire poi di un bel minestrone misto...ora che fa freddo non c'è niente di meglio! Per ottenerlo bello ricco ed abbondante, vi consiglio di fare così: la sera prima lessate un broccolo con un bicchiere d'acqua (non a vapore, proprio nella pentola: basterà ammorbidirlo un pò, circa 5 minuti) e, una volta lessato, mettetelo da parte e mettete 3 pugni di fagioli secchi nell'acqua di cottura; lasciateli in ammollo tutta la notte e il giorno dopo aggiungete una bella manciata di lenticchie secche, il broccolo e tutte le altre verdure che avete piacere di mettere (a me piacciono abbondanti cipolle, verza, pomodori, patate, spinaci), tagliate a tocchi non troppo grossi. Coprite con acqua fino alla tacca segnata all'interno e aggiungete un bel dado e un cucchiaio di concentrato di pomodoro. Chiudete e cuocete per 30/35 minuti a partire dal sibilo. 

Non mi dilungo oltre, ma spero di avervi dato qualche valido spunto e di aver fatto venire voglia alle paurose di scoprire questa magnifica alleata: se vincerete la ritrosia sono certa che esclamerete "mai più senza!". Se la cosa vi ha stuzzicato, continuerò volentieri il filone suggerendovi nei prossimi giorni qualche ricetta specifica per i pranzi e le cene natalizi.

la mia preziosa amica, con le due valvole bene in vista



lunedì 23 novembre 2015

Elogio della complessità dei sapori...o del sapore della complessità

Mi fa effetto tornare qui dopo tanto tempo...ciao! Erano anni che aspettavo un'ispirazione che tardava ad arrivare: le figlie sono cresciute e non sono più gnome come agli inizi e perfino i loro gusti alimentari, pur sempre generalmente monotoni, cominciano ad essere leggermente più variegati...parlare di alternative alla pasta in bianco non mi appassiona più e, del resto, la rete è sempre più piena di idee in tal senso, non potrei offrire un contributo significativo. Eppure mi è tornato improvviso il desiderio di scrivere, forse spinta dagli avvenimenti tragici degli ultimi giorni. Tranquilli, non ho alcuna intenzione di fornire opinioni non richieste, ma, come credo a tutti, anche a me i fatti di Parigi hanno fatto riflettere parecchio su tante cose, non per forza legate al terrorismo, ma sulla vita in generale. 

In particolare, ho pensato all'impatto che la globalizzazione ha avuto sulle nostre abitudini quotidiane e a come il nostro rapporto con le realtà straniere sia in continua evoluzione: ricordo bene quando, una trentina di anni fa, ci si approcciava ai primi ristoranti cinesi...inizialmente c'era diffidenza: ma cosa sono questi involtini? non si capisce nemmeno cosa ci sia dentro...e se poi ti mangi la carne di cane? mica te lo dicono...però, la curiosità era troppa per resistere e così si passò prima ai timidi assaggi e poi, tutto sommato, all'amore puro per i ravioli al vapore e il riso cantonese; e vuoi mettere il divertimento? era uno spasso ritrovarsi con gli amici a tirarsi involontariamente i wan ton nei capelli perchè non si era capaci di afferrarli con le bacchette! Passato qualche anno, però, i ristoranti cinesi si sono moltiplicati e mangiare tanto a prezzi modici è diventato un'abitudine: l'entusiasmo della novità e dell'esclusività è venuto meno, il cibo cinese è divenuto pian piano parte della nostra quotidianità e oltretutto gli si è affiancata una moltitudine di altri ristoranti etnici, dall'eritreo al greco, al tanto attuale giapponese, che lo hanno reso sempre meno attraente ad un pubblico esigente e desideroso di assaporare cose nuove. 

Ecco, ho citato il ristorante cinese per fare un esempio semplice, ma il nostro approccio con le realtà estere è così un pò per tutto: si inizia con la fase di diffidenza, si passa alla curiosità, ci si abitua, ci si dimentica. Non riusciamo ad apprezzare realmente il contributo che la diversità apporta alle nostre vite, perché prendiamo quel che ci serve nel momento in cui ci serve, ma poi finisce lì, ognuno per la sua strada....è per questo forse che l'integrazione è difficile, almeno per chi ha già raggiunto l'età della ragione (i bambini no...loro, così privi di sovrastrutture, sanno davvero cosa significhi fondere le proprie radici con quelle altrui, sanno imparare, sanno ricevere e sanno trasmettere senza reticenze, dando vita ad un magnifico interscambio che arricchisce entrambe le parti): la diffidenza nei confronti del diverso ci porta a non aprirci, a non confrontarci, a non aver davvero voglia di capire l'altra persona. Siamo assolutamente eccelsi nel dare giudizi di primo pelo, ma non altrettanto bravi nel voler conoscere e nel volerci fare conoscere. Come se uno avesse paura, perchè ad aprirsi troppo poi gli altri si approfittano e ci rubano tutti i segreti. Ma quali segreti, di preciso? Ecco...ho citato un esempio gastronomico e tutto sommato non l'ho fatto a caso: l'ambito culinario è forse quello in cui abbiamo meno reticenze...il palato è sempre stato il punto più vulnerabile dell'italiano medio, ma oserei dire dell'uomo medio, per lo meno di quello occidentale; il che ci porta ad avere il desiderio di contaminare, sperimentare, confrontare, apprendere. E quanta soddisfazione nell'assaporare la tanto decantata "cucina fusion"! Sì, tanta soddisfazione: perchè l'unione, ad esempio, della cucina araba con quella mediterranea è uno spettacolo, sapori diversissimi che si combinano tra loro in un'alchimia magica che sorprende le papille gustative...e lo stesso succede se si combinano tra loro la maggior parte delle culture gastronomiche: le ricette segrete delle nonne africane con quelle delle nonne napoletane, il sapere dello chef spagnolo con quello dello chef statunitense e via discorrendo. 

Siamo allettati dalla comunione di sapori, ma respingiamo la comunione di spiriti, di pensieri, di idee...e, purtroppo, respingiamo soprattutto la comunione di intenti, che dovrebbe essere quella invece più auspicabile. Dovremmo lasciarci guidare di più dal palato, forse...lasciare che lo stesso entusiasmo che ci porta ad assaporare un cibo diverso ci trascini a voler assaggiare anche un tipo di rapporto diverso con le persone, farci contaminare dalle culture e avere desiderio di contaminare anche gli altri. Il mio è un discorso lato: la diffidenza verso lo straniero credo sia la cosa più globalizzata in assoluto! Siamo diffidenti noi quanto lo sono gli altri. Ci manca quello step che fa sì che si riconosca il reciproco arricchimento che deriva dalla corretta comunicazione...

Mia mamma, come già avevo raccontato in precedenza in questa sede, non era esattamente una cuoca provetta e non amava affatto sperimentare sapori nuovi (le rare volte che ha messo piede in un ristorante cinese ha ordinato un'omelette); è accaduto tuttavia che una volta, non saprei nemmeno quando, avesse assaggiato un piatto che io definirei improbabile, eppure le piacque tanto e tentò di riprodurlo a casa. Da allora divenne uno dei suoi cavalli di battaglia e perfino io, che invece adoro assaggiare cose insolite (nei limiti del commestibile, si intende!), ho fatto fatica ad assaggiarlo. Questo per dire che, nel momento in cui si riescono ad abbattere le barriere e le sovrastrutture, si diventa davvero liberi e si trova la chiave per apprezzare le diversità e trarne giovamento.

...Che per caso volete sapere di che piatto si trattasse???? ok, vi lascio la sua originale trascrizione del "riso alla cubana"...a voi decidere se sperimentare o meno ;-)